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Pedro Almodovar: «L’eutanasia? Chi la chiede viene trattato come un delinquente. Il razzismo nei confronti dei minori? È così stupido e ingiusto»

dal Corriere della Sera

Il 74enne regista spagnolo presenta in concorso «The Room next door» con Tilda Swinton e Julianne Moore. Tutti in piedi, entra Pedro. Accolto da un’ovazione da star, insieme alle sue attrici Tilda Swinton e Julianne Moore, che lo hanno accompagnato nell’avventura del suo primo lungometraggio in inglese con cui è in concorso a Venezia 81, Almodóvar scherza con l’età e parla molto seriamente delle cose che gli stanno a cuore, come immigrazione e eutanasia. «Non ho ancora 75 anni – li compirà il 25 settembre, ndr – solo 74…». L’ultimo film The room next door che firma semplicemente Almodóvar sui titoli di testa, è tratto molto liberamente dal romanzo di Sigrid Nunez, Attraverso la vita. Protagoniste due donne, erano amiche da giovani, lavoravano nello stesso giornale, quindi Martha (Swinton) è diventata un’ottima reporter di guerra, tra la Bosnia e l’Iraq, Ingrid (Moore), invece una scrittrice di successo. Si erano perse di vista, sebbene molto legate, e si ritrovano quando Martha è nello stadio finale di una malattia. Un tumore non più curabile. Ama la vita ma è consapevole che l’ultima scelta che le resta è come morire. E l’amica le starà accanto. 

Difficilissimo parlare di morte, il regista lo sa bene. «Vengo dalla Mancha, un luogo dove esiste una cultura a riguardo, che conoscono soprattutto le donne. Ho 74 anni ma sono infantile e immaturo nella mia percezione. La morte è dappertutto in tempi di guerra, ci sta accanto. Per me ogni giorno che passa è un giorno in meno che ho da vivere e invece vorrei vivere un giorno in più».  L’ottimismo lo ha sempre praticato, è stato l’ultimo insegnamento di una casa amica scrittrice, Almudena Grandes, morta di tumore. «Mi ha dedicato il suo ultimo libro con la frase: L’allegria è la migliore resistenza. Nel film parlo di una malattia terminale. È un film chiaramente a favore dell’eutanasia. Martha decide di liberarsi dal cancro a modo suo, attraverso la decisione che prende: se io arrivo prima il cancro non l’avrà vinta contro di me e raggiunge l’obiettivo. Ma lei e Ingrid devono comportarsi come due delinquenti, lei deve subire l’interrogatorio del poliziotto fondamentalista. Penso che devi essere padrone della tua esistenza. La Spagna è stato il quarto paese europeo a promulgare una legge sull’eutanasia ma dovrebbe esistere in tutto il mondo, il medico dovrebbe aiutare il paziente». Qui l’abbraccio arriva da un’amica. « Questo è un film sull’empatia e la generosità, su quanto profonda possa essere un’amicizia per aiutare qualcuno. I film che sto realizzando sono una risposta ai discorsi di odio che sentiamo ogni giorno, almeno in Spagna e in altre parti del mondo. Questo film è l’opposto. Tutti abbiamo, non solo Europa, Spagna e Francia, problemi con l’immigrazione, e dal film, anche se si parla di un caso personale e particolare, di una malattia, si parla di aprire le braccia. Voglio inviare un messaggio a tutti quei minori non accompagnati che lottano per raggiungere le nostre frontiere e che, almeno secondo l’estrema destra spagnola, vogliono che il governo invii la marina per impedire loro l’ingresso. In altre parole, trasformarli in invasori è qualcosa di così delirante, così profondamente stupido, così ingiusto… che quello che propongo è il contrario» .

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